Ilmessaggero.it Congedo per i papà, 8 settimane totalmente retribuite: le aziende fanno strada
Ilmessaggero.it Congedo per i papà, 8 settimane totalmente retribuite: le aziende fanno strada
Sei settimane in più di congedo per i papà, retribuite al cento per cento dall'azienda. Vanno ad aggiungersi ai dieci giorni di permesso obbligatorio totalmente a carico dell'Inps. Otto settimane in tutto per i dipendenti della Philip Morris Italia alle prese con una nascita o un'adozione. Lo prevede il Global Parent Leave, il programma della società per andare incontro alle famiglie. La policy GPL riconosce alle neo mamme 18 settimane di congedo pagato, 12 settimane retribuite al 100% dall'Inps per il congedo obbligatorio e 6 settimane di congedo facoltativo che l'azienda integra fino al raggiungimento del 100% della retribuzione.
Un sistema di aiuti per sostenere la genitorialità che diventa fondamentale con il calo demografico che è da anni un'emergenza. Altre aziende sono già sulla stessa linea, anche i neopapà dipendenti di P&G Italia da qualche anno possono usufruire di un congedo parentale di 8 settimane consecutive retribuito al 100%.
«La pandemia - spiega Eleonora Santi, manager Philip Morris Italia - ha reso ancor più evidente quanto il carico di cura e di attenzione pesasse in particolar modo sulle donne, per questo abbiamo avviato il “Global Parental Leave” un programma che estende il periodo minimo di congedo parentale garantito per legge, per entrambi i neogenitori. Sappiamo che questo strumento da solo non risolve il problema. Ma senza un reale cambio di passo nella costruzione di un ambiente inclusivo e ricettivo ai cambiamenti, non potrà esserci reale “progresso”».
L'azienda ha raggiunto in anticipo (rispetto alla legge sulle quote rosa europea che è in dirittura d'arrivo) il 40% della presenza femminile nel management e per la seconda volta dal 2019 ha ottenuto la certificazione dalla Fondazione indipendente Equal - Salary per l’azzeramento del pay gap aziendale. Quote sì ma anche pari opportunità di crescita. Il processo di certificazione e audit dell’Equal Salary è infatti un percorso che va ben oltre la revisione statistica delle retribuzioni. Un modello che in un certo senso potrebbe eguagliare il lavoro della certificazione di parità promosso dal governo anche per più piccole realtà. L'analisi e la certificazione si completano infatti in quattro fasi. Si inizia con un'analisi statistica dei dati sulla retribuzione dei dipendenti, seguita da un audit qualitativo degli affiliati in tutto il mondo per confermare l'impegno della direzione verso i principi della parità retributiva e interviste con focus group con dipendenti di sesso femminile sulla loro percezione di tale impegno della direzione. «Ci impegniamo al massimo anche da un punto di vista culturale attraverso iniziative di comunicazione e sensibilizzazione interna - aggiunge la manager - Ad esempio, quest’anno abbiamo in programma una serie di attività per valorizzare il talento delle donne in azienda e sostenere il loro potenziale, in collaborazione con Women at Business, la prima community in Italia che mira a valorizzare le competenze professionali delle donne nel mondo del lavoro». L’azienda si è data anche l’obiettivo di raggiungere entro il 2025 il 35% di donne in ruoli senior (attualmente al 31,1% e al 2023 previsto per il 32%).